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Rigenerazione ossea verticale

dott. Francesco Giordano, dott. Dario Di Paola, dott. Graziano Langone

 

ABSTRACT

Sono stati realizzati 10 casi di G.B.R. verticale, mediante l’utilizzo di una membrana non riassorbibile rinforzata in titanio ( ePTFE), associata ad un innesto 1:1 di osso autologo e osso eterologo di origine bovina (Bio Oss). L’osso autologo necessario alla miscela è stato prelevato in forma particolata con l’ausilio di un Safe-Scraper dal corpo mandibolare limitrofo al sito di innesto. Scopo di questo articolo è dimostrare che, con attenta selezione del paziente e rigida esecuzione del protocollo chirurgico, la G.B.R. verticale con innesto 1:1 di osso autologo e osso eterologo, è grado di offrire livelli di rigenerazione sovrapponibile a quelli di altre tecniche.

INTRODUZIONE

La riabilitazione implantoprotesica è frequentemente condizionata dallo stato di atrofia cui vanno incontro le creste alveolari in seguito alla perdita degli elementi dentari.

Queste condizioni possono in taluni casi essere aggravate da manovre traumatiche di estrazione,  da infezioni o traumi che precedono la perdita del dente.

La parete vestibolare all’alveolo è istologicamente di osso di tipo bundle, privo di una vascolarizzazione propria,  dipendente per nutrimento dal parodonto e dal periostio. In seguito all’estrazione, con la scomparsa del parodonto e della sua rete vascolare, il tessuto osseo vestibolare privato di una parte della sua irrorazione va incontro ad un importante riassorbimento.

L’ insieme di tutti questi fattori, conduce ad un processo alveolare molto spesso non compatibile con le normali procedure implantoprotesiche.

Al fine di raggiungere una quantità di tessuti duri e molli sufficienti al supporto implantare, vi è frequentemente la necessità di mettere in atto procedure di rigenerazione tissutale.

La rigenerazione del tessuto osseo può essere realizzata prima dell’inserimento implantare o contemporaneamente ad esso. L’ottenimento di una cornice di tessuti duri e molli è finalizzato non solo al supporto dell’impianto, ma, sinergicamente, anche al contenimento dell’ampiezza biologica peri-implantare.

La  Rigenerazione Ossea Guidata (GBR – Guided Bone Regeneration), già  sperimentata negli anni 50  in chirurgia ortopedica, è una tecnica finalizzata alla rigenerazione di nuovo osso, basata sugli stessi principi biologici della GTR (Guided Tissue regeneration).

Diversi studi hanno dimostrato che, qualora venissero escluse dalla colonizzazione del coagulo le cellule epitelio-connettivali mediante una barriera, le sole cellule mesenchimali totipotenti indifferenziate avrebbero colonizzato il coagulo.

Il posizionamento di una membrana, che mantenga lo spazio necessario per la rigenerazione di tessuto osseo, è risultato essere efficace a bloccare le cellule epitelio connettivali, caratterizzate da una maggior velocità di proliferazione. In questo modo le cellule mesenchimali, osteoblasti in primo luogo, saranno in grado di ripopolare il difetto.

La GBR perimplantare è stata introdotta da Dahlin che nel 1989 posizionò per primo degli impianti endossei nelle tibie di  coniglio lasciando tre o quattro spire esposte e dimostrando, in questo modo, che sugli impianti coperti da membrane in politetrafluorouretano espanso (ePTFE) si verificava una formazione ossea.

Nel 1994, Simion e coll, hanno realizzato il primo studio umano e istologico di rigenerazione verticale della cresta edentula con l’ausilio di una membrana in ePTFE rinforzata in titanio, senza alcun materiale da innesto. Lo spazio sottostante fu riempito solo da coagulo. Furono trattati con 10 impianti, 5 pazienti parzialmente edentuli. Gli impianti presentavano 4-7mm esposti dal livello originale dell’osso corticale, furono coperti da membrana in ePTFE  fissata con apposite viti. I risultati clinici dimostrarono un incremento osseo che raggiungeva massimo i 4 mm, l’esame istologico dimostrò che l’osso rigenerato era in grado di osteointegrare gli impianti e che il contatto osso-impianto era elevato.

Nel 1996 Tinti e Coll. riportarono che era possibile ottenere rigenerazione verticale dell’osso mascellare fino a 7mm aggiungendo osso autologo.

Successivamente diversi studi hanno dimostrato che l’uso di innesti di osso autologo particolato in associazione con membrane, incrementava  il potenziale di rigenerazione verticale.

Recentemente Fontanta e coll. mettendo a confronto innesti di osso autologo con innesti di osso allogenico, hanno concluso che sia i risultati clinici che istologici sono sovrapponibili per i due tipi di innesto, anche se si rendono necessari studi clinici a lungo termine per confermare questi dati preliminari.

Studi realizzati da Simion e coll. supportano l’uso di una combinazione pari a 1:1 di Bio Oss e osso autologo.

MATERIALI E METODI

Sono stati presi in esame 11 pazienti (7 di sesso femminile, 4 di sesso maschile) di anni compresi tra 48 e 65 che necessitavano di incremento osseo verticale nei settori latero posteriori inferiori per riabilitazioni implantoprotesiche.

Dopo le necessarie indagini anamnestiche e diagnostiche (OPT- TAC), sono stati selezionati 10 pazienti. Essi non erano affetti da patologie sistemiche che potessero interferire con la terapia in questione ed erano non fumatori o moderatamente fumatori.  All’esame tomografico si potevano apprezzare distanze tra la cresta edentula  e il nervo alveolare inferiore compresi tra 4 e 7 mm nella parte più declive(Fig. 3) per cui per l’inserimento di un impianto di almeno 10 mm necessitavano di un incremento verticale di osso compreso tra i 3 e i 6 mm.

Previa anestesia locale con Articaina + Adrenalina 1:100.000, si pratica l’incisione crestale per realizzare un lembo a tutto spessore che si estenda mesialmente e distalmente all’area destinata all’innesto. Mediante una fresa si realizzano dei fori sulla cresta edentula al fine di favorire l’afflusso di sangue e di fattori neoangiogenici e osteoblasti per la futura rigenerazione. Si possono inserire delle micro viti sporgenti rispetto alla cresta edentula con la funzione di sostegno. Quindi si applica la membrana in GORE-TEX rinforzata in titanio (Gore®) (figura 6) e al di sotto della stessa si inserisce una miscela pari a 1:1 di Bio Oss (Geistlich) e osso autologo prelevato mediante Safe Scraper dal corpo della mandibola.  Al fine di passivare il lembo si eseguono incisioni di rilascio e si realizza una sutura con monofilamento non riassorbibile in ePTFE (Gore®).

A cinque mesi dall’interevento, realizzati gli opportuni controlli radiografici, si procede al rientro per la rimozione della membrana e all’inserimento degli impianti. Nella stessa fase si è potuto apprezzare che gli incrementi verticali ottenuti erano compresi tra 3 e 7mm e in tutti i casi erano sufficienti per una riabilitazione implantoprotesica. (Tabella 1)

Tabella 1: rigenerazioni verticali ottenute

Paziente Rigenerazione ottenuta Paziente Rigenerazione ottenuta
 1 3mm  2 3mm
 3 4mm  4 4mm
 5 5mm  6 5mm
 7 6mm  8 7mm
 9 7mm  10 7mm

DISCUSSIONE

Dall’esperienza  maturata dagli autori in questi anni di utilizzo della tecnica, particolare attenzione va riposta nella selezione del paziente. L’obiettivo principale da perseguire è la guarigione dei tessuti per prima intenzione, al fine di evitare precoci esposizioni della membrana non riassorbibile, che a differenza di quella di tipo riassorbibile non perdona tale evenienza.  La corretta selezione del paziente impone di escludere quali candidati i forti fumatori, nei quali le dinamiche di guarigione risultano essere incerte.

Una attenta valutazione dell’integrità delle mucose è indispensabile, in quanto la presenza di esiti di recenti estrazioni può creare difetti di guarigione provocando delle deiscenze.

Particolare attenzione va riposta ad alcuni passaggi della tecnica chirurgica.

La passivazione ottimale del lembo, l’evitare la vicinanza della membrana non riassorbibile dai solchi degli elementi naturali contigui al sito di innesto, attraverso i quali si potrebbero veicolare infezioni, sono atteggiamenti determinanti.

L’ottenimento di neoformazione ossea con una miscela di osso eterologo ed osso autologo in proporzioni 1:1, ha dato risultati sovrapponibili alla tecnica che prevede il solo utilizzo di osso autologo, riducendo così la morbilità post operatoria.

CONCLUSIONI

La tecnica rigenerativa descritta in questo studio consente un aumento verticale del tessuto osseo. L’utilizzo di sostituto eterologo nella misura del 50% riduce la quantità di osso autologo funzionale all’innesto, evitando così la necessità di ulteriori siti di prelievo, ottenendo comunque livelli di rigenerazione verticale sovrapponibile a quelli in cui viene utilizzato il solo osso autologo.

La membrana in ePTFE risulta essere molto efficace come mantenitore di spazio e come guida nella rigenerazione tridimensionale dei tessuti.

Le complicanze legate ad eventuale esposizione precoce di questo tipo di barriera non riassorbibile vanno prevenute selezionando il paziente e eseguendo scrupolosamente il protocollo chirurgico.